Allerta dal Giappone agli Usa
Informazioni tratte dal Corriere della Sera
di Artemisia Salvini, 5A
L’eruzione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga, nell’Oceano Pacifico, ha generato un violento maremoto che ha provocato danni significativi anche a migliaia di chilometri di distanza
La violenta eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, avvenuta sabato 15 gennaio alle 17:15 (ora locale), ha scatenato un inferno di cenere e acqua sugli atolli dell’Oceania e onde anomale fino alle coste di Giappone, Cile e California (Usa). Il boato dell’eruzione, avvenuta a 65 chilometri dalla capitale del regno di Tonga, un arcipelago di 169 isole del Sud Pacifico, ha viaggiato con una velocità vicina a quella del suono: si è sentito in tutta la Polinesia e ha raggiunto le coste della Nuova Zelanda, distante oltre 2.000 chilometri. La nube della colonna eruttiva, invece, si è spinta fino a 40 chilometri di altezza arrivando al cuore della stratosfera, dove ha prodotto oltre 200 mila fulmini in 24 ore.
Il vulcano sottomarino aveva cominciato a eruttare in maniera particolarmente violenta una settimana prima, dopo circa sette anni di inattività. L’eruzione ha disintegrato l’isola Hunga Tonga-Hunga Haʻapai che ospitava il vulcano (sono rimaste solo due piccole porzioni di terra sopra il livello del mare) e generato un maremoto che si è abbattuto sulla capitale del Regno di Tonga, Nuku’alofa, e ha raggiunto l’isola meridionale di Amami Oshima, in Giappone. L’allerta tsunami è scattata in molti Paesi che si affacciano sul Pacifico, dall’Australia alle Hawaii, dall’Alaska alla costa occidentale degli Stati Uniti e al Sud America.
Dopo l’eruzione, il governo di Tonga ha confermato il decesso di tre persone e ha spiegato che sono state particolarmente e gravemente colpite alcune delle isole più piccole e periferiche. Purtroppo, le case di interi villaggi sono state spazzate via e le operazioni di riparazione non potranno cominciare prima di febbraio. La marina ha inviato alcune équipe sanitarie con acqua, cibo e tende. Ma le scorte d’acqua, e forse anche quelle alimentari, sono a rischio.